In apparenza la manovra del governo Monti è “meno pesante” di quello che i più pessimisti si potevano attendere. In realtà, sono presenti delle norme e delle disposizioni che, soprattutto nel futuro, incideranno pesantemente sulle tasche degli italiani, in particolare per il cosiddetto ceto medio, che rischia gradualmente di scomparire o quantomeno di essere fortemente ridimensionato. Ci riferiamo in particolare a una novità che su “Il Sole 24 Ore” di ieri è stata “relegata” a p.13, ma che forse avrebbe meritato più visibilità: il fatto che si prevede a partire dal 2013 un rafforzamento dell’ISEE (Indicatore della Situazione Economica Equivalente), che sarà utilizzato in maniera più massiccia rispetto a oggi, per ottenere, e soprattutto mantenere, le agevolazioni fiscali previste finora nelle dichiarazioni dei redditi ed eventuali altri sconti per i nuclei famigliari meno abbienti. Se infatti, almeno per il momento, le detrazioni fiscali presenti sul 730 e sul modello Unico sono salve (non si sa fino a quando), in futuro, almeno questa sembrerebbe l’intenzione del governo Monti, esse saranno mantenute solo per coloro che dimostreranno, ISEE “alla mano”, di avere una situazione reddituale e patrimoniale bassa (per capirci dai 20.000 euro in giù come risultato dell’ISEE). La prima detrazione che salterebbe per i contribuenti “ricchi” sarebbe quella inerente lo scarico degli interessi passivi e degli oneri accessori per il mutuo acceso per l’acquisto dell’abitazione principale. Una perdita valutabile fino a 760 euro all’anno per i contribuenti (attualmente si possono infatti mettere in detrazione al 19% fino a un massimo di 4.000 euro di interessi passivi). Siccome, non insegniamo niente a nessuno, molti dei cosiddetti evasori fiscali sono proprio quelli che dichiarano redditi “da fame” e di conseguenza hanno anche ISEE bassissimi, è scontato che una modifica futura dell’accesso alle detrazioni fiscali su base reddituale e patrimoniale andrebbe a colpire solo i contribuenti che hanno sempre dichiarato tutto il dichiarabile, perché lavoratori dipendenti o semplicemente onesti. Di conseguenza si farebbe una sorta di “Patrimoniale al contrario”, come in parte i delusi dell’attuale manovra governativa già denunciano che stia avvenendo. A loro parziale ragione non dobbiamo dimenticare infatti il forse eccessivo accanimento sulle case (bene rifugio per molte persone che con risparmi di una vita hanno acquistato la propria abitazione e quella per i figli) che inciderà sulle tasche di tutti i cittadini in maniera inversamente proporzionale alle proprie disponibilità e ai propri redditi. Viene infatti da sé che a subire maggiormente la reintroduzione dell’ICI sulla abitazione principale e la revisione verso l’alto delle rendite catastali saranno coloro i quali negli immobili hanno l’unico o il principale investimento. Perciò forse sarebbe il caso di rivedere, seriamente, tutto quello che riguarda il “mondo” delle detrazioni e delle deducibilità fiscali per i pensionati, i lavoratori dipendenti e quelli autonomi. Se si facesse una politica seria inerente la possibilità di scaricare più e meglio tante delle “troppe” spese che quotidianamente tutti o quasi sosteniamo, forse si arriverebbe veramente a trovare la quadratura tra equità e rigore finanziario, rispettando, cosa peraltro che dovrebbe essere scontata, la nostra Costituzione, il cui art. 53 così recita. “Tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacità contributiva. Il sistema tributario è informato a criteri di progressività”.